IL GUSTO PER L'AFFRESCO

Forse pochi pittori al giorno d’oggi provano ancora come Ermanno Zamboni una intensa passione per l’aspetto più antico e di più universale respiro della pittura: l’affresco. Un genere cioè monumentale, che non risente limiti di spazio e si identifica quasi con la robustezza dei muri secolari a sfidare il tempo e le intemperie, i facili ed arbitrari spostamenti dettati da mode passeggere, o dai capricci degli uomini.

C’è in tutto questo indubbiamente una innata e forse inconscia tensione verso ciò che è durevole e stabile, verso valori eterni.

E lo Zamboni, pur ancor giovane, ha dato già ripetutamente valida prova del suo amore per il genere dell’affresco in varie chiese della sua natia Valsesia, con figurazioni personalissime, ben lontane dall’oleografica pittura sacra ottocentesca, con una tensione ed una passionalità tragico-espressionista del tutto attuale nell’interpretare i soggetti religiosi che meriterebbe una attenta osservazione per i futuri sviluppi della pittura sacra.

Tutto ciò è determinante per l’espressione pittorica dello Zamboni che, quasi in reazione con una comprensibile tendenza generale verso quadri di modeste e piccole dimensioni e soggetti facilmente inseribili in qualsiasi ambiente , per l’evidente esigenza di più facile commerciabilità, si trova invece a suo agio soltanto nelle tele e nei disegni di grande formato, che gli ricordano in qualche modo l’ampiezza dell’affresco, e si dedica preferibilmente a creare scene dense di figure, siano esse ispirate da frasi ed episodi evangelici, o suggerite dalla agitata vita contemporanea, che trova la sua più efficace sintesi in tormentati e tumultuanti addensamenti di folla.

E pur tuttavia ciò non è visto, come potrebbe sembrare a tutta prima, come manifesto di classe, o con intento polemico di sapore politico-sociale; rientra piuttosto in quella tendenza innata nel pittore per il “fare grande” e per valori universali.

Si tratta dunque di qualcosa di veramente sentito e sincero. Infatti la vena dello Zamboni è semplice e schietta e fluisce spontanea, ora con impetuosità carica, ricca di tensione, preludente quasi a scoppi drammatici, ora invece con un sapore candido e sereno, in un discorso piano e riposante.

Così il segno è essenziale, deciso, rapido, padrone dello spazio, sovente nervoso e scattante, ma talora ama anche ritmi più morbidi e delicati, curve leggere e preziose, mentre accordi vivaci di colori, ora brillanti, ora più smorzati, creano un linguaggio pittorico del tutto inconfondibile.

Si vedano: l’addensarsi corale delle figure emanate nell’Ecce Homo di profonda intensità spirituale e drammatica, il violento agitarsi di una folla caratterizzata in ripidi tratti quasi caricaturali nella Spartizione delle vesti, il costruire duro e crudele dei volti spiranti un senso di umano abbrutimento negli avvinazzati Cantori d’una osteria di infimo ordine.

Ma si vedano anche i delicati e spiritualissimi volti di soavi Madonne rese con lievi, scorrevoli linee sfumate in un’atmosfera dalle indefinibili tonalità luminose verdi-azzurre dei loro manti, oppure traboccanti mazzi di Fiori ove rossi e gialli, verdi e neri si amalgamano in festosi e simpaticissimi accordi, o l’arditissima composizione della Bambina con fiori dai toni chiari, in cui alcuni tremolanti fili d’erba si sovrappongono quasi impercettibilmente al sereno volto della fanciulla, fino alla preziosa, stupenda istantanea del Bambino col cane di una spontaneità veramente rara e di un alto rigore compositivo, vivificato da un fortissimo colpo di luce che modella quasi scultoreamente e proietta innanzi la testa dell’animale. Di pari validità sono poi i disegni, grandi di dimensioni, dalle figure ampie, tracciate con vero senso di monumentalità, che vanno dalle composizioni di natura morta (bellissimo quello dei Pesci nella rete) a soggetti di sapore quasi romantico e pieni di delicatezza pur nelle linee vibranti, funzionali, che segnano fortemente i contorni, creando però la suggestione dei valori volumetrici, come il gruppo della Madre col bambino, la Figura seduta, i Due bimbi sotto l’ombrello, ecc.


CASIMIRO DEBIAGGI 1967