ERMANNO ZAMBONI: “LA SOSTANZA DEI SOGNI”
Nell’Auditorium del Parco Gessi a Vintebbio, è stato presentato: “Ermanno Zamboni. La sostanza dei sogni”, un elegante volume dedicato alla vita ed all’opera del maggior pittore valsesiano vivente, curato della critica d’arte Federica Mingozzi. Il progetto di quest’opera monografica completa è stato sostenuto dalla Regione Piemonte, Provincia di Vercelli, Città di Varallo, Unione Montana dei Comuni della Valsesia, Varallo, Palazzo dei Musei e Pinacoteca, Comune di Quarona, Città di Borgosesia, Società Valsesiana di Cultura, Comune di Cellio-Breia, 1895 Fondazione Corriere Valsesiano, “che ha creduto e partecipato alla realizzazione di questo progetto con passione, sensibilità e competenza”.
Il corposo volume, dedicato a: “Mia moglie Marisa, che mi è sempre stata accanto e ai miei figli Stefania, Fabrizio e Simona”, introdotto da un illuminante saggio critico di Federica Mingozzi, si articola figurativamente in: “Composizioni oniriche”, “Nature Morte” e “Paesaggi”, in cui emerge l’altra faccia di una vita intensa, il momento della riflessione, del pensiero puro, cristallino, come quei cieli delle albe d’inverno che celano la fusione dei colori avvolti dalla bruma, e si chiude con: Contributi Critici, un florilegio di quanto è stato scritto negli anni su Ermanno Zamboni.
In copertina un quadro del 1986: “La musica”, amplifica il sottotitolo: “La sostanza dei sogni”, tratto da due versi della Tempesta di William Shakespeare: “Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”, alludendo all’apparente staticità in cui sogni e sostanza si incontrano. I sogni diventano cifre di comprensione della metafisica, secondo l’accezione di De Chirico: questo “debito” dell’artista con la contemporaneità emerge nel suo passaggio da una tecnica post-impressionistica ad una più raffinata, cercando di dare un senso all’irrealtà della realtà.
La coerenza di un lungo ed appassionato percorso artistico è perfettamente percepibile nella scelta delle opere pubblicate nel catalogo, fotografate con sapienza luministica da Sofia Sganzetta, mentre la stampa è di Petruzzi Industria Grafica, Città di Castello.
La prima mostra personale di Ermanno Zamboni fu a Borgosesia nel 1966, le critiche lusinghiere propiziarono le successive a Novara, Varese e Como. Nel 1968, nel suo Dizionario degli Artisti Valsesiani, il professor Casimiro Debiaggi, dedicò un’ampia scheda al giovane pittore Ermanno Zamboni, classe 1932, ricordandone la frequenza all’Accademia Albertina, avendo come maestri i pittori Calvi di Bergolo e Vallinotti, e ne sottolineò l’attività di restauratore per le allora Soprintendenze alle Gallerie e ai Monumenti per il Piemonte, rilevando la predilezione, in quegli anni, per affreschi di soggetto sacro (Ricordiamo la discussa: “Ultima Cena” eseguita nella chiesa parrocchiale di Vintebbio). Alla mostra veneziana del 1970 presentò una ventina di opere a tempera ed entrò in contatto con esponenti di spicco del mondo dell’arte, in quell’anno curò il catalogo della mostra dedicata ai Peracino, organizzata dalla Commissione Coordinatrice Valle di Cellio in occasione della XII Estate Valsesiana. Nel 1973 Zamboni lasciò definitivamente il restauro per dedicarsi interamente alla pittura, affinando negli anni le qualità artistiche, aprendo nuovi orizzonti, intraprese un percorso lungo e ricco di tappe significative. Questo pittore valsesiano, di grande lucidità nell’esposizione, affiancò all’attività artistica e di restauratore, quella di insegnante, prima alle Scuole Medie e poi al Liceo Artistico, intessendo con i suoi allievi un rapporto fecondo e duraturo, come dimostra la presentazione condotta a due voci dall’ex allievo, lo storico Alessandro Orsi e da Federica Mingozzi.
Nella sua lunga carriera artistica Ermanno Zamboni, superato il periodo post accademico, dipinse figure improntate sui personaggi della Valsesia, utilizzando quella che definì: “tecnica molto disinvolta, materica”. Negli anni Settanta cominciò un nuovo percorso di ricerca in cui incontrò inavvicinabili e misteriose presenze femminili che popolavano un mondo metafisico e irreale, lo sguardo si rivolse al Rinascimento e anche la tecnica mutò: il colore si fece levigato, sorretto da una tecnica composta di velature a corpo e a lacca, sino ad ottenere con continue sovrapposizioni, una superficie smaltata e liscia.
Alla fine del decennio ci fu una nuova evoluzione, segnata dal comparire del nudo, come ricerca dell’idealizzazione della bellezza. L’artista indagò a lungo il corpo femminile, spesso raffigurato scolpito nel marmo, in una silenziosa immobilità ieratica, che racchiudeva il sogno della bellezza pura, trasportata oltre il reale, perpetuata nell’arte. Le immagini statuarie all’interno dei dipinti furono enfatizzate attraverso un uso sapiente della sfumatura. La fedeltà al suo “ductus” pittorico, mise Zamboni sulle tracce di quella bellezza che l’aveva ispirato in ogni stagione. Nel 2005 la mostra allestita a Varallo, presso il Palazzo dei Musei, all’interno della chiesa di San Carlo: Un attimo prima dell’alba, fu accompagnata da un catalogo curato da Vladek Cwalinski, mentre la personale: “L’inquietudine delle muse”, allestita a Novara, al Broletto nel Salone dell’Arengo, nel 2010, era corredata dal catalogo curato da Lorella Giudici.
Durante la presentazione a Vintebbio, rispondendo alle domande che gli venivano poste, Zamboni ha svelato la sua predilezione per il pittore Valsesiano Tanzio da Varallo: “Per me il pittore valsesiano più significativo fu il Tanzio, per quella ricerca della luce nel chiaroscuro. Il San Rocco di Cellio è il quadro che prediligo proprio per la sua luce penetrante che mette in risalto le figure”, affermazione che richiama alcune sue cifre artistiche importanti, come la luna, fonte di luce nel buio, gli aquiloni ancorati alla terra attraverso un filo, ma anelanti al cielo, le creature della notte che insinuano l’idea del fluire inesorabile del tempo.
Al termine dell’incontro sono state poi presentate le due ultime opere eseguite, che non sono in catalogo, ma potrebbero costituire l’inizio del successivo, in cui si tirano le fila di una vita dedicata all’arte: la “Fanciulla che pensa” e la “Ragazza con fiore” che sintetizzano quel fondo di inquietudine e di difficoltà umana racchiudenti in modo efficace l’enigmatico presente.
Tiziano Gessi, ha omaggiato il pittore di una targa alla carriera, per aver saputo interpretare lo spirito del tempo e di una Valle in cui l’Arte fu uno dei principali denominatori.
PIERA MAZZONE
2021