PUBBLICAZIONI E CRITICHE
«Noi siamo abituati a questa esistenza e a questo mondo, non ne sappiamo più vedere le ombre, gli abissi, gli enigmi, le tragedie e ci vogliono ormai degli spiriti straordinari per scoprire i segreti delle cose ordinarie. Vedere il mondo comune in modo non comune: ecco il vero sogno della fantasia».
Roberto Papini, 1906
Scoprire i segreti delle cose ordinarie e vedere il mondo comune in modo non comune questo è il punto, anzi, per intere generazioni di artisti è stato lo scopo del fare arte. Morandi, De Chirico, Redon, Schad, Delvaux, Magritte.. tutti loro hanno cercato la verità delle cose non per metterle a nudo, ma per preservarne il mistero, l'enigma, la memoria; per salvarle dal quotidiano e consegnarle a una storia senza tempo e senza nomi.
Le opere di Ermanno Zamboni sono come delle finestre aperte sul mondo primordiale, prima che venisse segnato da ciò che la Bibbia nel Libro della Genesi chiama peccato originale, quindi sul giardino dell'Eden, o su ciò a cui i classici, a partire dai greci, fino agli Antichi Romani, hanno sempre guardato e ambito nei loro tentativi d' inventarsi o di immaginarsi la (o le) divinità, cioè la cosiddetta 'età dell'oro' cantata dai poeti, da Omero a Virgilio, quando tutto appariva, ed era, agli occhi dell'uomo e della donna, bello, buono, vero, giusto. Puro. Che questa sia la storia della salvezza o il frutto di menti particolarmente eccelse ed evolute ciò che viene annunciato o immaginato ruota, in un modo o nell'altro, attorno allo stesso concetto. La relazione dei progenitori con il mondo e la natura creata non era deturpata, ingannata, da un elemento estraneo. Ma, invece, era semplice, come quella dei bambini. L'inganno ci fu e le conseguenze per l'uomo e la donna furono terribili.
Nella visionarietà romantica dei suoi cicli pittorici Zamboni ha traversato una sorta di suggestivo simbolismo sognante, incantato, contemplativo, rivolgendo costantemente un suo appassionato sguardo interiore alla memoria della classicità pittorica. Ed è evidente come la tensione che ne ha sempre animato questa sua interna personalità ha una natura squisitamente spirituale, risultante d'una dialettica intima tra sensibilità e cultura che, sempre, viene oscillando tra misticismo e sensualità, tra cielo e terra, tra salvezza e dannazione, giungendo a darci opere di sicura presenza e di limpida, penetrante suggestione.
«Nelle statue finisce prima la testa;
per potere (com'egli dice) innamorarsi
del suo lavoro: perché (soggiunge) non posso
lavorare se non per amore»
Pietro Giordani, Panegirico ad Antonio Canova (1810).
Alla fine del 1996 Ermanno Zamboni dipinge Solitudine. In primo piano, accoccolata sulla soglia, una giovane donna si mostra in tutta la sua struggente bellezza. Le linee curve del corpo risuonano d'armonia e dolcezza, non sono perfette, ma proprio perché non lo sono diventano ancora più seducenti, più vicine a noi. La posa raccolta, la testa ricurva, la mano abbandonata, le spalle stanche e remissive la racchiudono in un bozzolo di luce. Una luce bianca, accecante, che getta ombre profonde e spettrali sul viso assorto e lontano: «Abbelli la sua nuova dea di tutte quelle grazie che spirano un non so che di terreno, ma che muovono più facilmente il cuore, fatto anch'esso d'argilla» (Ugo Foscolo, Lettera a Isabella Teotochi Albrizzi, Firenze, 15 ottobre 1812).
Il nuovo catalogo antologico delle opere dell’artista quaronese: “Ermanno Zamboni. La sostanza dei sogni”, realizzato grazie al contributo offerto dalla famiglia Gessi, è stato presentato a Varallo nel Salone dell’Incoraggiamento di Palazzo dei Musei dalla curatrice: Federica Mingozzi. Dopo i saluti del Presidente della Società d’Incoraggiamento, Mario Remogna, di Donata Minonzio, Presidente della Società Valsesiana di Cultura e Consigliere della Società d’Incoraggiamento, di Paola Angeleri, Conservatore della Pinacoteca, è intervenuto il Sindaco e Presidente della Provincia, Eraldo Botta, per portare il saluto personale e della Città ad un Artista che onora la Valsesia.
Nell’Auditorium del Parco Gessi a Vintebbio, è stato presentato: “Ermanno Zamboni. La sostanza dei sogni”, un elegante volume dedicato alla vita ed all’opera del maggior pittore valsesiano vivente, curato della critica d’arte Federica Mingozzi. Il progetto di quest’opera monografica completa è stato sostenuto dalla Regione Piemonte, Provincia di Vercelli, Città di Varallo, Unione Montana dei Comuni della Valsesia, Varallo, Palazzo dei Musei e Pinacoteca, Comune di Quarona, Città di Borgosesia, Società Valsesiana di Cultura, Comune di Cellio-Breia, 1895 Fondazione Corriere Valsesiano, “che ha creduto e partecipato alla realizzazione di questo progetto con passione, sensibilità e competenza”.
Ogni artista, nel corso della sua esperienza, focalizza la propria attenzione su soggetti, tecniche o modus operandi che porta sempre con sé, pur continuando ad evolversi nel tempo. È il valore aggiunto dell’esperienza, pittorica o scultorea che sia, cioè la capacità di rimanere sempre se stessi nel cambiamento. Questo vale anche per Ermanno Zamboni che ha seguito, nel corso della sua attività, percorsi diversi e variegati che lo hanno portato ad acquisire una completezza espressiva notevole, senza fargli mai perdere di vista ciò che da sempre lo ha contraddistinto: l’attenzione per la figura, umana e non, unita alla ricerca espressivo-cromatica, tesa a mettere in evidenza il valore empatico ed effusivo delle sue composizioni.
Forse pochi pittori al giorno d’oggi provano ancora come Ermanno Zamboni una intensa passione per l’aspetto più antico e di più universale respiro della pittura: l’affresco. Un genere cioè monumentale, che non risente limiti di spazio e si identifica quasi con la robustezza dei muri secolari a sfidare il tempo e le intemperie, i facili ed arbitrari spostamenti dettati da mode passeggere, o dai capricci degli uomini.
C’è in tutto questo indubbiamente una innata e forse inconscia tensione verso ciò che è durevole e stabile, verso valori eterni.
La misura espressiva di Ermanno Zamboni, abitualmente segnata da una figurazione nitida e “quasi metafisica”, appare in questa occasione improntata da una espressività che contribuisce a porre in piena evidenza le immagini, i luoghi, le impressioni colte durante il suo recente viaggio nel Nord Europa. Annotazioni immediate, brevi ed intensi appunti, momenti di una esperienza che ritroviamo puntualmente in queste tecniche miste dal vibrante cromatismo, contraddistinte da una linea robusta ed incisiva che conferisce alla rappresentazione una propria particolarità strutturale.
Le opere di Ermanno Zamboni si caratterizzano per l’incantato stupore di un mondo pieno di enigma, silenzio e magia. Un mondo le cui scenografie sembrano uscite direttamente dalle pagine di un libro di Fedro, dagli atti di una tragedia greca o dai sogni più arcani, fatti di simboli ed allusioni cristiane. Ma tutto è congelato nell’istante in cui viene formulato. Proprio come nei fotogrammi di una pellicola cinematografica, il tempo si è arrestato in un’immobile e silenziosa eternità, perché spesso un silenzio è più esauriente di un ricco racconto, più sonoro di mille parole.
È difficile capire il valore della pittura di Ermanno Zamboni (e il fascino irresistibile che la "bellezza sovrumana" dei primitivi esercita su di lui) se non si tiene conto della sua pluridecennale esperienza di affreschista, restauratore ed insegnante. Non solo il gusto neoclassico (anti-accademico) delle tavolozze da cui nascono segni e colori personalissimi (contraddistinti da quel terribile silenzio “che non lascia sperare”), ma anche le scelte iconografiche in sé (una sorta di commistione di immagine pagane e cristiane, di attenzione alla mitologia greca e al suo significato nella nostra epoca) depongono a favore di una personalità poetica tecnicamente e culturalmente dotata, in conflitto tra passato e presente, tradizione e modernità.
Ermanno Zamboni iniziò la sua carriera artistica lavorando per quattordici anni come restauratore per la Soprintendenza ai Beni Culturali del Piemonte, dopo essersi diplomato all’Accademia Albertina di Torino. Quegli anni di restauro di pitture e affreschi hanno influenzato Zamboni legando fortemente la sua tecnica pittorica al passato.
Ermanno Zamboni nasce a Borgosesia il 2 ottobre 1932, e l’essere nato ed il vivere in Valsesia ha creato quel rapporto quasi biologico con un ambiente che ha sempre custodito i germi di una cultura nord-europea dovuti alla forte emigrazione delle popolazioni valligiane.
Terminati gli studi all’Accademia Albertina, a Torino, si dedica al restauro, operando soprattutto alle dipendenze della Soprintendenza ai Beni Culturali del Piemonte.